In-divisibili
La fotografia di Gianfranco Ferraro privilegia il bianco e nero rispetto al colore, un privilegio che non limita, ma che costituisce la cifra emotiva più coerente della sua ricerca. In effetti i suoi reportage a colori sono decisamente cinematografici; lì si nota l'esperienza e le collaborazioni che Ferraro ha avuto con il cinema, evidenziate da un occhio che si apre su una prospettiva palese e significativa tipica del documentario. Diversa è la ritrattistica in bianco e nero. Qui Ferraro gioca davvero con l'immagine e le sue ambiguità, con l'identità e il suo doppio, con la doppiezza e le sue moltiplicazioni. La scoperta dell'individuo da parte di Ferraro coincide con la sua moltiplicazione non seriale. La sovrapposizione dei piani e degli sguardi del soggetto dell'immagine rimanda alla deflagrazione della soggettività e ci riconsegna non un io diviso o meramente infranto, ma un individuo cosciente della sua molteplice e parcellare identità. Anche lo spettatore non vede più "una singola persona" quando vede una persona, ma ne vede molte. Nei volti in bianco e nero Ferraro è esente dalle strettoie della nostalgia e può finalmente lasciarsi andare a una sorta di immaginazione onirica che sopravanza la realtà senza mai abbandonarla.L'occhio sembra perdersi sulla superficie dell'immagine, pur restando incollato alla fotografia in una dinamica che evita i rischi di feticizzazione dell'immagine, così come il regresso verso la forma tradizionale del ritratto.
Leonardo V. Distaso